Sembra proprio che gli Stati Uniti si stiano proponendo come il laboratorio principale nel quale testare la convivenza tra valute tradizionali e criptovalute. Una convivenza che, per molti analisti, si annuncia tutt’altro che pacifica. Così, se in alcuni paesi – soprattutto asiatici – una certa deregulation ha stabilito una sorta di convivenza di fatto più o meno stabile, negli USA – così come, seppur con un certo ritardo, nell’Unione Europea – si sta tentando di avviare una regolamentazione. O quantomeno si stanno cercando i presupposti per definirne i parametri principali di riferimento.
Siamo, insomma, in una fase di pianificazione e, per così dire, di studi di fattibilità; una fase in cui, come da prassi, le posizioni tendono a polarizzarsi. Così, mentre alcune piattaforme di trading online – da top companies del settore come Plus500 ad altre variamente qualificate – provvedono autarchicamente a fornirsi di una solida regolamentazione interna e di policies che mettano in guardia il potenziale investitore sui rischi e non solo sui vantaggi, a livello politico siamo ancora in una fase di consultazione. Ed è proprio in questa fase che lo scontro tra apocalittici e integrati si materializza.
Si parlava degli Stati Uniti, appunto. Una realtà politica ed economica in cui il confronto-scontro tra denaro tradizionale e criptovalute è particolarmente acceso. Non solo perché il dollaro USA è ancora oggi un punto di riferimento imprescindibile per il mercato valutario internazionale. Ma anche perché gli Stati Uniti sono la patria di Facebook, che oggi non è solo uno dei principali colossi del mercato digitale: l’azienda di Mark Zuckerberg, infatti, è anche la matrice da cui sta per scaturire Libra, una nuova criptovaluta il cui lancio sul mercato è previsto, salvo ripensamenti, entro il 2020. Dollaro contro Libra equivale a uno scontro tra titani: un’eventualità che nessuno, sui mercati internazionali, auspica realmente, nemmeno il più spericolato degli speculatori.
È proprio partendo da questi presupposti che il mondo della politica americano, o almeno una sua parte consistente, è sceso sul piede di guerra. L’avversione nei confronti di Libra, e il sospetto nei confronti delle criptovalute, è bipartisan: molti repubblicani e democratici sono trasversalmente uniti nel mettere in guardia la popolazione sul rischio connesso all’utilizzo delle monete digitali. Il capofila degli avversari delle criptomonete è Brad Sherman, membro della Camera dei Rappresentanti di fede democratica eletto per lo stato della California. Di recente, Sherman ha avuto modo di interrogare Mark Zuckerberg, incalzandolo anche su Libra e sul radicale cambio di direzione del fondatore di Facebook, un tempo a sua volta contrario alle criptovalute. Per contro, i sostenitori della moneta digitale – non solo Libra, ma anche le altre, in primis Bitcoin – affermano che solo grazie alla tracciabilità garantita da quest’ultima le sottrazioni illecite di denaro e le transazioni legate a operazioni criminali potranno essere debellate una volta per tutte.
Secondo gli analisti, si tratta solo delle prime schermaglie. Il dibattito, seppur in punta di retorica e di codice civile, sembra destinato a protrarsi ancora a lungo. D’altronde, la materia è scontante e gli esiti del confronto potrebbero determinare il riassetto degli equilibri economici mondiali per i prossimi decenni. Verosimilmente, dagli Stati Uniti gli effetti di questo riequilibrio di forze si riverbereranno su tutto il pianeta, a partire dall’Unione Europea, riscrivendo le coordinate della finanza fino a trasformarla in qualcosa di molto diverso rispetto a quella che abbiamo conosciuto finora.
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