La sostenibilità di un debito pubblico

La sostenibilità di un debito pubblico

Spesso si sente parlare della “sostenibilità” di un debito, ma è un concetto che può ingenerare confusione o perlomeno fraintendimenti, cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza.

Uscendo dai tecnicismi, normalmente si ritiene che un debito sia sostenibile quando chi lo ha contratto è in grado di onorarlo, ossia di ripagarlo con le modalità prestabilite.

Ed è partendo da questo presupposto che spesso si creano equivoci. Il nodo centrale della questione sta proprio nell’espressione “con le modalità prestabilite”.

Siamo infatti portati sempre a riferirci a quello che noi consideriamo il debito per antonomasia, ossia il mutuo. Ma il mutuo è soltanto una particolare tipologia di finanziamento che prevede la restituzione di quanto avuto in prestito attraverso il pagamento di un certo numero di rate periodiche. E queste rate hanno due componenti, una parte di capitale ed una di interesse.

Agendo così, ossia restituendo periodicamente oltre agli interessi anche una parte di capitale riduciamo costantemente il debito contratto inizialmente fino ad estinguerlo totalmente.

Riferendoci ad un mutuo, quindi, la “sostenibilità” la possiamo intendere come la capacità di restituire periodicamente assieme ad una quota di interesse anche una parte del capitale.

Se non dovessimo restituire il capitale, però, la “sostenibilità” si ridurrebbe alla capacità di onorare periodicamente solo la quota interessi.

E se anche gli interessi fossero azzerati è banale comprendere che qualsiasi debito è “sostenibile”. So di aver detto una banalità, se mi prestano dei soldi e non solo non devo mai restituirli, ma neppure pagare gli interessi è ovvio che sarò sempre in grado di farlo, non devo far nulla!!!

Mi direte, ma che sciocchezza dici? Un debito per il quale non ci viene richiesta la restituzione e neppure il pagamento di interessi, non è più un debito … ma un regalo!!!

Certo! E’ così! Ma mi serve anche questo apparente paradosso per sviluppare la tesi.

Allora, chiariamo, il debito pubblico NON è un mutuo!

O meglio diciamo che è un mutuo per il quale non dobbiamo restituire il capitale, ma solo gli interessi. La sostenibilità di un debito pubblico diventa così la capacità, per un determinato Stato, di pagare gli interessi sul proprio debito.

E naturalmente, per uno Stato, la capacità di pagare gli interessi sul proprio debito dipende dall’entità degli stessi. E’ banale comprendere che l’ammontare della quota di interessi è funzione di due semplici componenti, l’ammontare complessivo del debito e il tasso percentuale applicato.

Insomma, capisco che sia tutto semplice e banale, ma in finanza TUTTO è semplice e banale.

Quindi uno Stato per cercare di ridurre il più possibile l’ammontare degli interessi che deve pagare per il proprio debito pubblico deve cercare di limitare il più possibile il tasso applicato, o diminuire il proprio debito, meglio ancora entrambe le cose.

Ebbene la prima, cioè il saggio d’interesse, è una variabile esogena (anche se non completamente), ossia viene decisa “al di fuori”, in pratica è il mercato che ci richiede un certo tasso per finanziare il nostro debito. La seconda è invece endogena, ossia è decisa “al nostro interno” e dipende dalla nostra capacità di ridurre l’ammontare globale del debito.

Ed eccoci quindi arrivati alle conclusioni.

Visto che il debito pubblico non va mai restituito, ossia può durare all’infinito, la “sostenibilità” dello stesso, da parte di uno Stato, si riduce alla sua capacità di onorare periodicamente i soli interessi. Ma …

… è bene che questi interessi non debbano costantemente aumentare, altrimenti si potrebbe arrivare al punto che il debito pubblico diventi “insostenibile” nel tempo, in quanto si arriverà al punto che non si riuscirà ad onorare nemmeno la sola quota interessi.

Di conseguenza qual è la cosa che dobbiamo monitorare con estrema attenzione?

Semplice!

La differenza fra il tasso medio di interesse che pago sul mio debito pubblico ed il tasso di crescita dell’economia.

Cioè, gli interessi sul debito me lo fanno aumentare, quindi per controbilanciare questo effetto negativo devo essere in grado di far crescere la mia economia in maniera tale che il rapporto fra il debito e l’ammontare complessivo della mia produzione (il Pil) non peggiori.

In caso contrario, sarò costretto a ridurre le spese, ossia ad applicare politiche recessive che ovviamente hanno tutte le controindicazioni che ognuno è in grado di comprendere. Insomma la fine della Grecia.

E concludiamo con la fatidica domanda: il debito dell’Italia è “sostenibile”?

La risposta è SI’!!!

Ma bisogna aggiungere anche un … PER ORA!

Nel senso che la endemica mancata crescita della nostra economia, dovuta principalmente al fatto di dover utilizzare una moneta che risulta palesemente sopravvalutata rispetto alla nostra economia (naturalmente in particolare per le regioni del sud), ci porta a peggiorare costantemente i nostri conti pubblici, finché verrà un giorno (io naturalmente mi auguro che tutti lo capiranno prima che arrivi quel giorno) in cui scopriremo che il nostro debito pubblico NON è più “sostenibile”.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro